Da “L’ UNITA’” di mercoledì 18 gennaio 2012
Il ministro della Salute risponde all`Unità sul caso del cardiochirurgo Luigi Agresti, precario in Italia e conteso all`estero: «Vicenda amara bisogna essere inflessibili su regole e procedure che premiano il merito» di MARCELLA CIARNELLI ROMA
E’ una vicenda amara, molto amara, anche se non deve portare alla rassegnazione».
E poi: «Bisogna essere inflessibili rispetto alle regole e soprattutto circa quelle procedure che premiano il merito».
Renato Balduzzi, ministro della Salute, ha raccolto la sollecitazione che è venuta dalla storia che Luigi Agresti, cardiochirurgo di 34 anni, ha raccontato all`Unità. Una storia fatta di speranze e delusioni, di soddisfazioni e di una lunga precarietà che ora, solo andando all`estero, potrà avere uno sbocco.
Un`altra Capacità che se ne va.
Uno dei mille giovani medici che ogni anno lasciano il Paese perché altrove hanno trovato un`opportunità di lavoro. Una situazione che è conseguenza diretta delle misure di contenimento della spesa pubblica che hanno determinato un innalzamento dell`età media dei medici del Servizio sanitario nazionale e che, negli ultimi tempi, si sta risolvendo in un decremento del loro numero, specialmente nelle Regioni sottoposte a piani di rientro. Le aziende, strette tra i limiti alle assunzioni e la necessità di garantire le prestazioni, sono state costrette a ricorrere a forme di reclutamento atipiche che hanno portato l`aumento del precariato. Se nel 2004 i medici precari erano 3.944, nel 2010 sono arrivati a 7.177 con un incremento del 9 per cento rispetto all`anno precedente. Nel 2010 i medici dipendenti del servizio nazionale sono diminuiti dell`1,3 per cento rispetto al 2009 e nello stesso anno in pensione sono andati, per raggiunti limiti d`età e di contribuzione, in 4.116.
Spiega il ministro: «Il numero dei precari è attualmente superiore a quello fisiologico. È un tema che preoccupa tutti, non solo noi ma anche le Regioni ed è per questo uno degli argomenti centrali dei lavori al tavolo tra Ministero e Regioni per la definizione del Patto per la salute».
Programmazione del personale da parte delle aziende «nel medio e nel lungo periodo» facendo i conti con il fatto che attualmente «c`è sicuramente uno squilibrio tra l`offerta e la domanda».
Tuttavia, posto che le regole siano state rispettate, «l`apertura dei confini alla professione medica, che ha in sé una vocazione internazionale, non è una sciagura.
Anche se il fenomeno cui assistiamo oggi è in buona parte legato alle difficoltà di reclutamento che incontrano le aziende sanitarie». E che ha conseguenze preoccupanti anche sulla qualità dell`offerta del servizio sanitario.
Da una parte può apparire inutile investire su professionalità a cui non si può offrire una situazione stabile, dall`altra gli stessi precari sono condizionati dal loro status d`incertezza.
Non c`è più osmosi tra i più giovani e i più anziani, tra chi sa e chi deve apprendere.
Se questa è la situazione sarà mai possibile fermare questi esodi? «Ci sono deroghe al blocco del turn over che debbono essere correttamente, ma decisamente utilizzate, per assicurare il necessario ricambio generazione e per offrire un futuro dignitoso ai giovani medici». Ma su questa strada bisognerà ancora lavorare.
Anche con nuove norme. Sull`argomento, già approvato dalla Camera, in discussione al Senato c`è un disegno di legge che affronta il riassetto delle regole per favorire un più stretto legame tra le strutture del servizio sanitario nazionale e i medici in formazione.
Quello posto, però, è un problema nel problema dato che la cardiochirurgia è una disciplina di alta specializzazione e rientra, quindi, in un problema storico dovuto a vari fattori il primo dei quali è un`eccessiva offerta formativa, frutto di esigenze più dell`accademia che assistenziali del Paese. «Nell`affrontare la questione dobbiamo tenere conto che facciamo parte dell`Europa e che i nostri medici specialisti devono guardare a questo mercato più ampio, come d`altra parte ricorda anche il dottor Agresti». Infatti i suoi colleghi, come ha detto all`Unità, sono andati a lavorare in strutture ospedaliere di «Leeds, Norimberga, Edimburgo, Birmingham, Stoccarda…». Questa è una strada che è stata percorsa anche da altre categorie di personale sanitario in un verso e nell`altro: i medici di famiglia italiani che hanno trovato una buona sistemazione in Gran Bretagna, gli infermieri spagnoli che hanno trovato un`occupazione in Italia.
Favorire il rientro delle risorse umane, questa è stata ed è la politica del Ministero. Anche se per il momento la regola è sembrata valere più per la ricerca. «Anche in momenti di particolare difficoltà – ribadisce il ministro – è necessario trovare strumenti per limitare la migrazione a una quota fisiologica e di questo si discute, anche in questi giorni, sempre in sede di rinnovo del Patto per la salute».? Renato Balduzzi ministro della Salute
http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=76494162