Cinque strategie da evitare in ginecologia secondo “Choosing wisely”

Sono varie le pratiche diagnostico/terapeutiche svolte abitualmente in ginecologia che in realtà andrebbero evitate in quanto inutili, costose e a volte lesive. Tra queste, l’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog) ne ha individuate 5 di maggiore importanza, inserendole nella “Top 5 list” che si affianca ai ‘divieti’ di altre discipline nell’ambito dell’iniziativa “Choosing wisely”. 1) Non pianificare induzioni al travaglio o parti cesarei elettivi o senza indicazione medica prima di 39 settimane di età gestazionale. È dimostrato che un parto anticipato si associa a un maggiore rischio di difficoltà di apprendimento e a un potenziale aumento di morbilità e mortalità del neonato. 2) Non pianificare induzioni al travaglio elettive o senza indicazione medica tra la 39ma e la 41ma settimana a meno che non si consideri favorevole lo stato della cervice. Il travaglio in teoria dovrebbe iniziare spontaneamente, se possibile. I più alti tassi di parto cesareo derivano da induzioni di travaglio quando la condizione cervicale non è favorevole. 3) Non eseguire di routine lo screening annuale citologico cervicale (Pap test) nelle donne tra i 30 e i 65 anni. In soggetti a medio rischio lo screening annuale non offre alcun vantaggio rispetto a quello svolto a intervalli di 3 anni. Dovrebbe comunque essere fatta una visita annuale con il medico di famiglia per discutere eventuali preoccupazioni e problemi e considerare l’opportunità di un esame pelvico. 4) Non trattare pazienti affette da displasia lieve presente da meno di due anni. La maggior parte delle donne con rilievo bioptico di displasia lieve (Cin 1) hanno un’infezione transitoria da Hpv che di solito si risolve in meno di 12 mesi e, quindi, non richiede alcun trattamento. 5) Non effettuare lo screening del cancro ovarico in donne asintomatiche a medio rischio. Da studi di popolazione risultano scarse prove che lo screening tramite misurazione dei livelli sierici di CA-125 e/o ecografia transvaginale in donne asintomatiche sia in grado di rilevare un cancro ovarico in una fase più precoce rispetto a quanto possa essere evidenziato in assenza di screening. Data la bassa prevalenza della patologia e l’invasività degli interventi richiesti dopo un test positivo, i danni potenziali dello screening superano i potenziali benefici.

da www.Doctor33.it

Pubblicato da drsilenzi

Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva, PhD in Sanità Pubblica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma. Attualmente opera presso la Direzione Strategica dell'Agenzia di Tutela della Salute di Brescia ed è membro del Comitato Direttivo del Centro di Ricerca e Studi sulla Leadership in Medicina dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Dal 2014 riveste la carica di Vice Presidente Vicario della Società Italiana di leadership e Management in Medicina – SIMM (www.medici-manager.it).

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