(Dottnet Merqurio) E’ una partenza in sordina, ma come in un immenso puzzle, i tanti tasselli di una medicina sempre più decentrata si stanno aggiungendo al progetto di una nuova sanità. Una sanità che prevede l’ingresso di nuove figure, degli ambulatori multipli e anche del rinnovato ruolo delle farmacie. Una rivoluzione che spesso, tuttavia, va a scapito della medicina generale, cardine di un sistema che da sempre vede il paziente e il suo medico la pietra portante della salute in Italia.
Per esempio Regione Toscana prima, e Emilia Romagna poi, hanno scelto di affidare agli infermieri in pronto soccorso una piccola parte di codici minori, secondo la prassi anglosassone del See and Treat (vedi e tratta), provocando così anche un esposto alla magistratura da parte dell’Ordine dei medici di Bologna. Gli infermieri, dopo aver seguito un corso specifico, sotto la supervisione di un medico possono eseguire una serie di medicazioni previste in appositi protocolli o anche mandare il paziente dallo specialista. I risultati sarebbero soddisfacenti. Dicono all’Asl 10 di Firenze dove nei sei ospedali coinvolti è stato trattato dagli infermieri circa l’8% dei casi con tempi di attesa e permanenza nell’ambulatorio infermieristico sono inferiori rispetto a quelli dei percorsi normali. Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, sostiene la necessità di cambiare la cultura ospedalocentrica del Sistema sanitario nazionale. Da tre anni, Fazio propugna un’idea: il 70-80% di codici verdi e bianchi che si riversano nelle sale d’attesa dei pronto soccorso, a suo dire “impropriamente”, devono invece essere gestiti dai medici di medicina generale sul territorio. “Bisogna individuare una serie di strutture, vicine e lontane ai pronto soccorso, attraverso le quali attivare un’assistenza 24 ore su 24” diceva Fazio già nel 2008 lanciando il dibattito sul riordino delle Cure primarie. Nel piatto della nuova sanità territoriale, che richiede un ripensamento del ruolo dei medici di famiglia ma anche di guarda medica (la cosiddetta continuità assistenziale) il ministro ha messo 350 milioni di euro. E così per ridurre le code nei pronto soccorso i medici di medicina generale ”dovranno prendere in carico le emergenze, avranno un’importanza sempre maggiore che non è solo di prendersi carico di un singolo paziente ma avranno incarichi h24, sempre in associazionismo, per poter gestire le emergenze dei codici bianchi e verdi”. Il ministero della Salute, ha aggiunto Fazio, ”sta lavorando per coinvolgere il medico sempre più sul territorio”. Tutta la nuova sanità, ha concluso Fazio, è basata ”sulla presa in carico, continuità assistenziale, passaggi in ospedali molto brevi, ripassaggi sul territorio e gestione di un rapporto buono ospedale territorio. Le malattie croniche dovranno essere trattate sul territorio dai medici di medicina generale e non vanno ospedalizzate”. In questo contesto è stato introdotti per primo in Lombardia il Creg (Cronic Related Group), il progetto lombardo che applica il modello dei drg ospedalieri all’assistenza delle patologie croniche sul territorio.
Le delibere applicative della Regione sono state licenziate un paio di settimane fa e il convegno organizzato dalla Fimmg Lombardia ha consentito di fare il punto sul cantiere dei lavori. Si partirà tra luglio e settembre in cinque Asl (Milano, Melegnano (Asl Milano 2), Bergamo, Lecco e Como), con una sperimentazione-pilota di un anno su un “portafoglio” di patologie croniche che comprende Bpco, scompenso cardiaco, diabete di tipo 1 e 2, ipertensione, cardiopatia ischemica, osteoporosi e patologie neuromuscolari, per un totale di circa 400mila potenziali pazienti. Secondo meccanismi analoghi ai drg, la Regione ha fissato un tariffario per raggruppamenti omogenei di patologie, tariffario che comprende i consumi per ambulatoriale, farmaceutica, ossigeno, protesica, ospedalizzazione domiciliare eccetera (ma non la quota capitaria del Mmg). La gestione del pacchetto è affidata a un provider (medici, gruppi di medici, cooperative, società, aziende ospedaliere), che avrà il compito di seguire i pazienti nel loro percorso diagnostico-terapeutico secondo la modalità del case-manager e che indirettamente pagherà i fornitori: nella fase sperimentale, infatti, è previsto che le prestazioni vengano rimborsate dall’Asl che a sua volta fattura al provider, ma è probabile che nella fase a regime sarà quest’ultimo a gestire i pagamenti agli erogatori e, forse, a negoziare le prestazioni. Non solo: nel caso in cui il paziente non rispettasse il percorso, il provider ne “risponderà” con una decurtazione del 15-20% sulla tariffa del creg. Il progetto concede ai medici di famiglia una prelazione, nel senso che la loro eventuale adesione nelle Asl pilota esclude altri soggetti; in caso contrario l’azienda provvederà a una gara con capitolato, perché il provider dovrà comunque assicurare alcuni servizi come gestione di flussi di spesa, call center informativo h12 per il cittadino (per 365 giorni l’anno), second opinion, rapporti con gli erogatori e i Mmg, verifica informatizzata della compliance terapeutica eccetera. Un po’ troppo per un medico “singolo”, e infatti nelle province che ospiteranno la sperimentazione i medici di famiglia della Fimmg sono già al lavoro per mettere in piedi formule aggregative che consentano ai medici interessati di partecipare al Creg. A Bergamo, per esempio, si sta lavorando a una cooperativa alla quale potranno aderire liberamente i Mmg che decideranno di sottoscrivere il Creg con l’Asl. C’è da dire, comunque, che i medici di medicina generale e gli ospedalieri fanno parte di due mondi che dialogano a fatica. I primi vedono, almeno per la maggioranza di loro, nella riforma a favore del territorio una possibilità di riscatto professionale e anche un futuro. Gli altri sono scettici, temono duplicazioni inutili e non risolutive dei complessi problemi dei pronto soccorso. In mezzo c’è anche il Sistema 118, la struttura del soccorso sul territorio, preoccupata di mantenere la propria autonomia. Ma la missione di spostare il baricentro del sistema sanitario, è molto più ardua. Perché bisogna anche convincere le persone a rivolgersi a queste nuove strutture e non al pronto soccorso. A favore, per esempio, è la Cgil all’indomani del colloquio col ministro Ferruccio Fazio: “È stato un incontro costruttivo” e “riteniamo nella giusta direzione l’intervento che il Ministro Fazio intende apportare alle cure primarie”, ha detto Nicola Preiti, coordinatore nazionale Fp Cgil Medicina generale, dopo il vertice tra il capo di gabinetto del ministero della Salute, Giuseppe Palumbo, e le organizzazioni sindacali dell’area delle cure primarie, alla presenza delle Regioni e della Sisac. I progetti del ministro per la sanità territoriale non riguardano, infatti, solo lo spostamento dei codici bianchi e verdi dal Pronto soccorso al territorio (questione sulla quale il ministro ha già incontrato i sindacati della medicina ospedaliera e territoriale il 4 maggio scorso). L’obiettivo è quello di intervenire profondamente sulla natura stessa delle cure primarie. “Il ministero – ha spiegato Preiti – intende predisporre con le Regioni, nel giro di poche settimane, per arrivare ad una ridefinizione sostanziale delle cure primarie. È previsto anche un intervento legislativo di modifica e adeguamento della fonte normativa delle convenzioni: l’Art. 8 della 502”. Le modifiche della legge, ha spiegato il sindacalista della Cgil, dovrebbero intervenire sui punti critici dell’assistenza territoriale: gestione delle cronicità e h24, rapporti con l’ospedale e tra operatori, definizione residenzialità intermedia, criteri di accesso e struttura del compenso. Il percorso da iniziare con le modifiche al 502 dovrebbe poi essere completato con il rinnovo delle convenzioni. La Fp Cgil Medici ha inviato le proposte al Ministro Fazio, sottolineando in particolare alcuni aspetti:
– l’intervento sulle cure primarie deve essere un intervento globale basato su una nuova visione del territorio e sulla sua organizzazione; con l’organizzazione deve cambiare anche la mentalità e la cultura professionale, i compiti e le funzioni di ogni operatore. “Non si può cambiare l’organizzazione pensando di fare le stesse cose di ieri”;
– nel territorio si dovrà determinare un assetto organizzativo che strutturi fisicamente l’assistenza, garantendo la presa in carico e la continuità assistenziale orizzontale nelle 24 ore, e verticale per i diversi livelli di assistenza necessari al cittadino. Questo, secondo la Fp Cgil Medici, può garantire anche lo sgravio burocratico al medico e fornirgli gli adeguati strumenti necessari a fornire un’assistenza di qualità;
– per i medici di famiglia è necessario conservare il rapporto di fiducia con il cittadino sulla base della libera scelta, ma è oggi necessario renderlo medico anche di quel territorio e non solo del paziente;
– per il 118, va risolta l’ambiguità normativa che per un verso ci porta alla commistione di medici che fanno il 118 con contratto da dipendente accanto a medici che fanno lo stesso lavoro con convenzione, e però altro lascia indistinti i titoli necessari per accedere a questa attività. E infatti nelle Regioni troviamo le soluzioni più disparate;
– per i medici di guardia medica abbiamo ribadito la necessità della loro piena valorizzazione abolendo il servizio di guardia medica oggi noto, che con la sua organizzazione risponde ad un modello di sanità ormai vecchio oltre 30 anni.
di Silvio Campione