PATTO DELLA SALUTE: riflessioni sulle ipotesi di stravolgimento in tema di formazione medica (ad oggi scongiurate!) – di Maria Teresa Riccardi

Cari Colleghi,
vi informiamo con soddisfazione che, almeno per il momento, le proposte in tema di formazione specialistica sono state rimosse dal Patto della Salute (leggi specifica a fondo pagina).
Se volessimo limitarci a guardare le idee che sottendono ognuna di queste proposte, potremmo davvero trovarci del positivo e dell’innovativo; tuttavia, all’atto pratico, ci sono non poche questioni che rendono il quadro d’insieme abbastanza allarmante.
Cerchiamo dunque di analizzare in sintesi cosa avrebbero comportato tali proposte e quali criticità vi si nascondono.

• Assunzione di medici neo abilitati nei Servizi Sanitari Regionali. 
La proposta prevedeva che, dopo la formazione pre-lauream e aver sostenuto l’esame di abilitazione, si potesse accedere tramite concorso ad un’assunzione nei vari Servizi Sanitari Regionali. Non avendo una specializzazione, però, un medico neo abilitato sarebbe da assumere al pari dei profili non medici e con un inquadramento non dirigenziale, come invece è quello dei medici specialisti assunti dagli stessi enti.
Le Aziende Sanitarie avrebbero potuto assumere (a tempo determinato, si intende) medici da destinare ad incarichi prettamente assistenziali, potenzialmente anche dislocandoli in ospedali periferici o dovunque ci fosse necessità. Tutto ciò a fronte della riduzione del numero dei posti nelle dotazioni organiche degli enti sanitari, il che avrebbe aperto la strada del precariato per molti giovani colleghi, oggi studenti, almeno finché ogni Regione non avrà sviluppato la propria rete assistenziale sul territorio.
Alto turn-over (contratti a tempo determinato). Basso costo (inquadramento non dirigenziale). Minori posti con inquadramento dirigenziale (maggior precariato).

• La specializzazione “parallela”.
Una volta assunti, questi medici, avrebbero avuto la possibilità di accedere al concorso di specializzazione in sovrannumero in qualità di dipendenti del SSN, previo il superamento del concorso nazionale. In caso di successo, non scontato, sarebbe stato previsto quindi un percorso formativo parallelo, con formazione teorica nelle aule universitarie della scuola di specializzazione fuori dal monte ore di assistenza. L’attività svolta nel Sistema Sanitario Regionale sarebbe stata scomputata come formazione pratica. Ne discende che, l’accesso non avrebbe potuto essere indiscriminato, ma ad una tipologia di scuola in linea con la tipologia di assistenza prestata e comunque secondo un contingente massimo per specialità definito dalla Programmazione triennale? Ma quale Programmazione? Quella sbagliata degli ultimi anni, fondata sul dato storico e che non ha preso in considerazione i nuovi bisogni di salute (invecchiamento popolazione, malattie croniche ed invalidanti), ecc.? Ricapitolando: impiego con contratto pari a quello dei profili non medici. Percorso parallelo che creerà delle disparità di trattamento, medici formati a fare gli specialisti altri un meno.
Fermiamoci inoltre a pensare alla sanità italiana odierna: enormi differenze in termini di organizzazione, volumi di attività e casistica tra le diverse Aziende Sanitarie, solo di recente (parzialmente) comparate attraverso l’adozione di indicatori di esito (Programma Nazionale Esiti – PNE dell’Agenzia Nazionale dei Servizi Sanitari Regionali) con un mancanza di trasparenza e misurabilità che ad oggi copre una disparità nazionale enorme di cui sicuramente risentirebbe la potenziale offerta formativa. In più, nel momento in cui la finalità di una retribuzione sta nel rispetto di un contratto di assunzione e non nell’investimento in formazione su un medico che sta acquisendo una professionalità, quanto si punterà sulla qualità di questa formazione? Quali sarebbero i requisiti che una struttura ospedaliera o del territorio dovrebbe avere per fare formazione? Nella proposta avanzata non ci sarebbero assolutamente state garanzie di realtà lavorative che potessero arricchire dal punto di vista professionalizzante, potendosi anzi trovare a dover gestire da soli situazioni complesse con tanto di ricadute medico legali. E poi, quale futuro dopo la specializzazione? Dirigenza medica negli ospedali solo per pochi eletti a seguito della razionalizzazione degli ospedali e della contrazione delle piante organiche?

• Il dirottamento degli specializzandi negli SSR.
L’altra proposta si riferiva alla possibilità di incardinamento degli specializzandi degli ultimi due anni nei vari Servizi Sanitari Regionali. Non una novità bensì un’ipotesi prevista dall’articolo 7 del “Ddl Lorenzin”, attualmente al vaglio del Senato.

Anche in questo caso, il pericolo da scongiurare è la confusione tra medici con esigenze formative in strutture con esigenze di impiego ben precise. Niente che garantisca la qualità della professionalità acquisita, niente che regoli il rapporto tra strutturati e specializzandi all’interno del SSN con il forte rischio che vi sia una sovrapposizione di mansioni e quindi un ancora minor interesse delle Aziende Sanitarie nell’assunzione di medici specialisti. Ma ci sono margini ampi di miglioramento ed a questo stiamo lavorando! Serve mettere dei paletti precisi per garantire la formazione delle strutture del SSN adeguate e per non rendere sistitutiva l’attività dello specializzando rispetto a quella degli strutturati, regolamentando il rapporti numerico tra le due figure e scongiurando anche in questo caso la saturazione delle piante organiche (che comporterebbe per i più giovani serie difficoltà di stabilizzazione nel SSN).
Vorremmo chiarire a questo proposito che il SIGM da anni propone di allargare agli ospedali ed al territorio la rete formativa non solo delle scuole di specializzazione ma ancor prima dei corsi di laurea in medicina e chirurgia: questo a prova del fatto che non c’è negli intenti dell’Associazione una volontà di chiusura al Sistema Sanitario Nazionale. Semplicemente, delle riforme fatte esclusivamente secondo logiche contabili vanno a scontrarsi con i nostri sforzi continui per garantire al panorama italiano un SSN sostenibile senza rinunciare alla qualità della formazione, alle dovute tutele e ai dovuti riconoscimenti.

Proviamo ora a combinare queste tre carte.
Prima impressione: più possibilità di lavoro, più possibilità di formazione, più conoscenza del SSN (compreso il territorio). Tre idee brillanti.
Proviamo ora ad essere obiettivi, senza le comprensibili ansie per l’attuale stato delle cose che potrebbero farci accontentare di soluzioni apparentemente facili e appetitose: progressiva diminuzione degli specialisti che lavorano sul territorio, con impiegati non dirigenti formati alla meno peggio; medici di serie A e medici di serie B, cioè medici in formazione specialistica con diritti, tutele, esigenze formative, e medici con una formazione non tutelata; precariato per gli specializzandi che, al termine di due anni sul territorio, si trovano di fronte ad un SSN saturo e senza interesse nell’assunzione di medici specialisti.
Paradossalmente, a ben vedere, si avrebbe un’ulteriore scissione tra mondo universitario e SSN territoriale, con un impoverimento di quest’ultimo in primis in termini di professionalità e di conseguenza in termini di capacità di gestione delle risorse: soluzioni maldestre ai gravi errori di programmazione commessi in passato.

Al momento sembra che l’allarme sia rientrato e che la disamina della proposta sia stata demandata ad un necessario confronto tra MIUR e Ministero della Salute. La nostra Associazione, nel rinnovare l’impegno a vigilare sull’evoluzione della materia, rinnova la richiesta di istituzione di una “costituente” della formazione Medica che veda coinvolti il MIUR, il Ministero della Salute, le Regioni, le Università e tutti i portatori di interesse (studenti in medicina, laureati in medicina, specializzandi e giovani medici tutti), che possa rivisitare in tempi brevi l’intero impianto dell’organizzazione della formazione medica post laurea (ivi inclusa la formazione specifica di medicina generale che si dovrebbe evolvere in Scuola di Specializzazione integrata a nostro avviso, al pari di quanto accade nel resto di Europa), avendo il coraggio di investire nella formazione delle giovani generazioni e non facendo scelte al ribasso.
Perché quando le risorse scarseggiano bisogna usarle meglio, non meno.

LE NOSTRE PRIORITA’
Il nodo della formazione medica, ad avviso del SIGM, non è Università versus SSN, bensì riuscire a mettere a sistema il meglio che possano esprimere i due ambiti, al pari di quanto avviene nella maggior parte dei modelli formativi in adozione in Europa. Occorre:
• adottare urgentemente adeguati strumenti di programmazione del fabbisogno di medici generalisti e specialisti;
• scegliere opportuni indicatori che valutino le reali capacità formative di una struttura sanitaria ad opera di un soggetto indipendente, e di conseguenza chiudere quelle scuole di specializzazione che non documentino standard adeguati ed aprire le reti formative a quelle strutture territoriali in grado di garantire la crescita richiesta;
• definire chiaramente un rapporto ottimale tra strutturati e specializzandi all’interno del SSN, non rendendo questi ultimi sostitutivi del personale strutturato e quindi non incorrendo nel rischio di saturare le piante organiche a discapito delle giovani generazioni sopravanzanti;
• ridurre da parte delle singole Regioni sprechi, inappropriatezze, clientelismi, e recuperare risorse per investire sulla formazione: sappiamo che margini di recupero finanziari ci sono, basti pensare che per il corrente anno accademico la sola regione Campania dovrebbe finanziare circa 150 contratti aggiuntivi di formazione specialistica, tra utilizzo di Fondi Strutturali Europei e risorse ordinarie;
• contrastare il sistema ospedalo-centrico che ancora il mondo sindacale ospedaliero tenta di mantenere in piedi, in un’ottica di parte e non di sistema che non risponde ai nuovi scenari di salute, con multi-cronicità e multi-morbidità da gestire necessariamente sul territorio.

VI RICORDIAMO CHE, AL FINE DI POTER MAGLIO RAPPRESENTARE LE DIFFERENTI SENSIBILITÀ ED ISTANZE IN TEMA DI FORMAZIONE MEDICA, IL SIGM HA LANCIATO UN QUESTIONARIO DI 8 DOMANDE CHE TROVATE A QUESTO LINK

Il Patto per la Salute non è una norma, ma un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, in merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema. Per rendere operativi gli stravolgimenti contestati si sarebbe in ogni caso dovuto fare ricorso alla traduzione in legge del tutto, con tempi Parlamentari notoriamente lunghi e che quindi non potrebbero in alcun modo interessare gli attuali laureati, che concorreranno al concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione del corrente aa.2013/2014

 

di Maria Teresa Riccardi – Sede Locale Roma UCSC

Fonte: http://www.giovanemedico.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1991:patto-della-salute-scongiurati-gli-stravolgimenti-dellorganizzazione-della-formazione-specialistica&catid=1:generichecat&Itemid=142

Pubblicato da drsilenzi

Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva, PhD in Sanità Pubblica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma. Attualmente opera presso la Direzione Strategica dell'Agenzia di Tutela della Salute di Brescia ed è membro del Comitato Direttivo del Centro di Ricerca e Studi sulla Leadership in Medicina dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Dal 2014 riveste la carica di Vice Presidente Vicario della Società Italiana di leadership e Management in Medicina – SIMM (www.medici-manager.it).

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