Negli ospedali slovacchi si fa fatica a trovare un medico. E non per insufficiente ricambio generazionale o carenza di vocazioni, come si teme possa accadere tra qualche anno in Italia. No, i medici scarseggiano perché in oltre duemila si sono nascosti a casa o stanno oltre confine, come non accadeva dai tempi della Cortina di ferro. Colpa del progetto lanciato dal governo di Bratislava che prevede la vendita degli ospedali pubblici a un gruppo privato che secondo gli oppositori gode di ottimi agganci nell’esecutivo.
Per settimane, i settemila medici ospedalieri del paese hanno cercato di opporsi all’operazione, sostenuti dall’associazione professionale slovacca (paragonabile al nostro Ordine, Slovenska lekarska komora o Slk) e dal sindacato Lup-Loz, associato alla Fems (Federazione europea medici salariati). Il governo, però, ha fatto spallucce e a novembre alle agitazioni dei camici bianchi ha risposto con le maniere forti: prima la decretazione dello stato di emergenza ospedaliera (la prima dalla fine della Seconda guerra mondiale) poi, davanti alla minaccia di dimissioni di oltre duemila medici (gli irriducibili che non si sono arresi), l’annuncio di un decreto per costringerli con la forza ad andare al lavoro. Immediata la replica degli ospedalieri, che dal 1 dicembre hanno iniziato a lasciare il paese per sottrarsi alla precettazione. E così, da giovedì i nosocomi slovacchi sono in ginocchio e alcune fonti di stampa riferiscono di medici (quelli rimasti) che lavorano per 48 ore di fila. Tanto che il governo, pur di non rimangiarsi il progetto, avrebbe già avviato contatti con i paesi vicini (repubblica Ceca e Ungheria, ma anche Ucraina e Bielorussia) per “importare” un po’ di dottori. Di qui la dimensione europea che da qualche giorno il caso slovacco sta acquistando. Innanzitutto perché sindacati locali hanno bussato alla porta delle organizzazioni internazionali di categoria per cercare sostegno (già ricevuto, oltre che dalla citata Fems, anche dall’Emo, European medical organization, e dal Cmpe, Comité permanent des médicins européens); in secondo luogo perché la Slovacchia, per far lavorare i medici ucraini e bielorussi nei suoi ospedali, deve prima riconoscerne i titoli e un provvedimento di questo tipo avrebbe poi valore nel resto dei paesi dell’Unione. E se accadesse, Groupon sarebbe l’ultimo dei problemi per i medici italiani.