L’Europa e la crisi della Grecia (di Oscar Giannino)

La crisi greca esplose nell’autunno del 2009, quando i socialisti vinsero le elezioni e nel giro di pochi giorni si scoprì ciò che in realtà molti sospettavano. E cioè che i falsi nella contabilità pubblica greca superavano di gran lunga la media consentita per reciproca convenienza a molti membri dell’euroarea – compresi i grandi, Germania e Francia, non dimenticatevi che entrambe evitarono con cosmesi di bilancio le procedure d’infrazione,anche se molti sembrano averlo dimenticato.

Di fronte a falsi nell’ordine di 15 punti di Pil di deficit pubblico annuale occultato, la bomba esplose. L’incapacità in 18 mesi di trovare una buona soluzione comune alla crisi dell’eurodebito è un’evidente prova dell’inadeguatezza della classe politica europea.

C’erano quattro grandi problemi. Il primo è che grandi banche tedesche e francesi erano piene di carta pubblica greca ad alto rendimento, e dunque Berlino e Parigi escludevano che esse dovessero rimetterci, dopo i salvataggi pubblici avvenuti nei loro Paesi. Secondo, il governo Merkel era e resta in difficoltà a dire la verità ai propri elettori, e cioè che occorre procedere a evitare il peggio per gli eurodeboli, perché è interesse comune anche degli euroforti come la Germania. Terzo, le regole dell’euro non prevedevano e non prevedono uscite momentanee o definitive di Paesi in difficoltà, che non potendo contare su tassi d’interesse propri, e avendo limiti fisici al rigore pubblico deliberato da un momento all’altro senza cadere nella recessione profonda che rende comunque il debito insostenibile, possano almeno svalutare nella misura ritenuta giusta dai mercati, e ripartire incorporando un alleggerimento reale del debito rimasto nominalmente eguale. Quarto, le regole del’euro non prevedono neanche meccanismi di default parziale che non passino per la svalutazione monetaria, ma che avvengano invece attraverso modifiche alla duration dei titoli, o del loro valore nominale, o col minor rimborso di quote d’interessi dovuti (in gergo haircut, taglio di capelli). Né tanto meno prevedendo la distinzione dei diversi soggetti prenditori che devono in maniera diversa sobbarcarsi ad una o a tutte queste condizioni: distinguendo cioè tra banche e intermediari finanziari privati, la BCE che accetta titoli pubblici come collaterale, e il risparmio retail di massa che bisogna invece tentare di preservare.

Natura e proporzioni della crisi greca – che dietro di sé porta il rischio portoghese, irlandese e spagnolo – dovevano indurre la politica europea a capire in poche settimane che la soluzione numero tre o comunque numero quattro era preferibile a prestiti il cui tasso era impossibile, per una Grecia costretta a un rigore giusto ma tanto subitaneo da sprofondarla nella crisi. Quei prestiti a quelle condizioni avrebbero solo dilazionato e no evitato il botto, rendendolo però più caro per tutti.

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Pubblicato da drsilenzi

Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva, PhD in Sanità Pubblica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma. Attualmente opera presso la Direzione Strategica dell'Agenzia di Tutela della Salute di Brescia ed è membro del Comitato Direttivo del Centro di Ricerca e Studi sulla Leadership in Medicina dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Dal 2014 riveste la carica di Vice Presidente Vicario della Società Italiana di leadership e Management in Medicina – SIMM (www.medici-manager.it).

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